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L’impatto della Fashion Industry sull’impronta idrica mondiale

Il settore tessile è uno dei settori industriali più inquinanti, che impatta in ogni suo processo, dalla produzione delle materie prime allo smaltimento dei capi usati. Produrre e distribuire abbigliamento rilascia nell’ambiente il 10% del totale dei gas serra presenti nell’atmosfera.

L’impronta idrica, o water footprint, in ambito tessile indica il volume complessivo di risorse idriche usate dalla filiera per produrre i beni che commercializza. Comprende sia l’acqua prelevata in natura, ad esempio per i processi per la lavorazione dalla materia prima, o per il prodotto finito nell’industria, che quella delle precipitazioni impiegata nell’agricoltura per la coltivazione delle fibre naturali.

Se ci focalizziamo sul capo, l’impronta idrica è uguale al volume totale di acqua usata nella sua produzione, che per una t-shirt di cotone è di 2700 litri, mentre per produrre un paio di jeans occorrono più di 8.000 litri di acqua. Le industrie dell’abbigliamento usano più di 75 milioni di miliardi di litri d’acqua in un solo anno. Il cotone, ad esempio, è una pianta fragile che ha bisogno di molta acqua e buona parte di questa viene inquinata con pesticidi e fertilizzanti e non può essere riutilizzata. Nel mercato del tessile però, meno del 25% dei prodotti sono realizzati in cotone. La fetta più grossa del mercato (più del 60%) è occupata dalle fibre sintetiche, realizzate con materiali plastici. Oltre all’inquinamento causato dalla produzione, il lavaggio di questi prodotti crea molti danni all’ambiente. Durante il processo di lavaggio, infatti, sia industriale che casalingo, vengono rilasciate nell’ambiente circa 500 mila tonnellate di microplastiche.

Dal report del 2017 dell’Agenzia Europea per l’ambiente EEA (European Environment Agency) si può notare che l’industria tessile, dal punto di vista della sostenibilità, è la quarta più impattante al mondo dopo alimentare, immobiliare e trasporti. In particolare, se ci soffermiamo sul consumo idrico, rimane ai primi posti, consumando ogni anno circa 104 metri cubi d’acqua a persona. Il 20% dell’inquinamento idrico è da attribuire ad attività legate al tessile, come il lavaggio dei capi sintetici, che rilasciano microfibre che finiscono nei fiumi e nei mari, inutilizzabili per le persone e inospitali per la fauna acquatica.

Il continuo e costante investimento nella ricerca, hanno portato le tecnologie Sodai anche a poter recuperare dallo scarto dell’industria tessile sia risorse idriche che materie prime, restituendole al processo di produzione. Questo consente un importante risparmio nel ciclo produttivo da un lato, e la riduzione di rifiuti smaltiti dall’altro: un vero e proprio esempio di Economia Circolare.