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Nuovi batteri nelle acque: colpa dei ghiacciai in fusione

La crisi climatica e le alte temperature aumentano il problema dello scioglimento dei ghiacciai, dai quali fuoriescono micro-forme di vita dal passato. Le stime parlano di centinaia di migliaia di tonnellate di batteri che con le acque di scioglimento dei ghiacciai si riversano nei corsi d’acqua. Il problema: alcuni batteri sono più nocivi di altri.

Nella calotta glaciale della Groenlandia proliferano decine di migliaia di microrganismi, buona parte di questi sono batteri che finiranno in fiumi, laghi, fiordi e mari arricchendo o contaminando i loro nuovi habitat.

Alcuni di questi organismi hanno effetti positivi, come la capacità di fertilizzare gli ecosistemi o possono essere usati per estrarre molecole utili all’uomo. Tuttavia, tra questi potrebbero nascondersi agenti patogeni da monitorare e a cui prestare attenzione, perché pericolosi per l’uomo.

Queste sono le ipotesi sottolineate da uno studio dell’Università di Aberystwyth del Regno Unito e dell’University Centre delle Svalbard, pubblicata sul Nature Communications Earth & Environment. Lo studio mostra come il rischio di contaminazione sia alto e concreto. I ricercatori hanno infatti analizzato l’acqua di fusione di otto ghiacciai in Europa e Nord America e di due siti della calotta di ghiaccio della Groenlandia, arrivando a definire i ghiacciai come veri e propri ecosistemi e non solo come grandi riserve d’acqua.

Dal campione studiato è emersa un’alta concentrazione di microrganismi. Secondo le stime, nei prossimi 80 anni oltre 100 mila tonnellate di batteri potrebbero riversarsi nell’ambiente. Il numero dipende, ovviamente, dalla velocità con cui si scioglieranno i ghiacciai e da quanto continueremo a inquinare e riscaldare il pianeta.

Questa quantità è stata calcolata considerando uno scenario di riscaldamento moderato, ossia un incremento delle temperature medie globali di 2-3 °C entro il 2100.

Sempre secondo i ricercatori, batteri e alghe nelle acque di fusione dei ghiacciai potrebbero immettere nei corsi d’acqua una media di 650.000 tonnellate di carbonio nei prossimi 80 anni e questo solo nell’emisfero nord, escludendo la regione himalayana che non è stata presa in considerazione nello studio. Mentre, se tagliassimo le emissioni di CO2 e rallentassimo questa fusione, anche la massa di microrganismi tornati liberi diminuirebbe di circa un terzo.